PO FOREST Un magico percorso tra l’Antica Corte e il Grande Fiume, nella Bassa Parmense

L’Antica Corte Pallavicina, fu edificata nel XIII secolo come strumento di controllo territoriale dalla Famiglia Pallavicino e successivamente trasformata in residenza signorile. In virtù del continuo spostamento del corso del fiume Po, mentre un tempo era al centro di una vasta tenuta agricola, si trova oggi a ridosso della golena e diviene il punto di partenza per interessanti escursioni nel mondo affascinante del fiume. 

Un habitat del tutto particolare, ricco di sorprese e di scoperte, che può essere vissuto grazie ad un percorso di circa due chilometri e della durata media di un’ora. 

Presso la reception dell’Antica Corte è possibile avere informazioni e ricevere la brochure del percorso e magari prenotare una gita fluviale in barca della durata di un’ora circa, che porta ai grandi sabbioni, alle rive e ai resti dell’antico castello dei Pallavicino, divorato dalle acque del grande fiume.

Il percorso in sintesi, partendo dall’Antica Corte Pallavicina

Una volta saliti sull’argine e volti a sinistra, il percorso segue l’argine in direzione Sud-Ovest. La vista si apre sulla golena da una parte ed il frutteto dall’altra.

La golena è lo spazio piano compreso tra la riva di un corso d’acqua e il suo argine. In genere è un’area molto ampia che può ricevere – in modo saltuario – le acque del fiume durante le piene. Svolge così l’importante funzione di bacino di espansione, in grado di ridurre il livello dell’acqua  creando uno stoccaggio temporaneo di parte del volume dell’onda di piena. La naturale facilità con la quale la golena può essere sommersa dal proprio corso d’acqua è all’origine della sua elevata fertilità, e la florida vegetazione che vi cresce contribuisce anche a rallentare la velocità della piena.

La fertilità di questi terreni un tempo era apprezzata ed ora è valorizzata dalle colture dell’Antica Corte: come la  vite Fortana, da cui si ricava il vino frizzante e a bassa gradazione, tipico della bassa pianura, che ben si sposa con i salumi. A fianco della vite sono frequenti i frutteti, impiantati per la produzione di conserve di frutta.

Il percorso prosegue lungo l’argine in direzione Sud-Ovest

L’antica colonna idrografica

L’altezza degli argini deve essere calcolata con particolare attenzione. Proprio per questo vengono collocate, a distanza regolare, delle colonne idrografiche che permettono di registrare nel corso del tempo il livello massimo delle piene: costituiscono quindi un importante “archivio” di riferimento per l’adeguamento dell’altezza degli argini. 

La colonna che si trova sul percorso, realizzata in marmo rosa di Verona, a sezione ottagonale e con scala decimale è stata posata agli inizi dell’Ottocento e registra, su una delle facce, il livello delle principali piene degli ultimi due secoli. Vi figurano incisi i livelli delle piene del 1801, del 1808, del 1857, del 1951, del 1994 e del 2000 che risulta essere la più alta fino ad oggi registrata.

L’argine

Il percorso, lasciato l’argine volge a destra e prosegue per breve tratto sulla strada asfaltata, superando il piccolo edificio della chiusa e torna su strada sterrata in direzione Nord costeggiando una siepe arborea.

La regimazione delle acque

Il piccolo edificio in mattoni che sorge a cavallo del corso d’acqua che abbiamo costeggiato fino ad ora è una chiavica: il manufatto ospita un meccanismo che permette di aprire, chiudere o regolare il deflusso delle acque in un nodo idraulico importante.

La vegetazione spontanea: La quercia

In epoche lontane la quercia copriva con fitte selve tutte le nostre pianure, fino a raggiungere le pendici degli Appennini e delle Alpi. Per la loro maestà le querce erano venerate dagli uomini sin dai primordi della civiltà e le foreste più belle consacrate alle divinità e per questo non sottoposte al taglio. Il ramo di quercia era, per i romani, simbolo di virtù, forza, coraggio e la sua raffigurazione è presente ancor oggi nella simbologia artistica. Il percorso prosegue su strada sterrata verso Ovest fino al recinto dei maiali.

L’allevamento del maiale nero

L’allevamento, allo stato semibrado, con la presenza dei maiali solo in alcuni periodi dell’anno , si stende su una superficie di 10.000 metri quadrati nell’area golenale del Po. Ogni anno si contano circa 25 nidiate da 5-8 suinetti, che vivono all’aperto nella stagione mite e che vengono ricoverati al coperto nel periodo invernale. Gli animali, che trovano sul terreno frutti e radici, sono nutriti anche con mais, orzo, crusca e fava proteica. Il loro accrescimento è lento e rispettoso dei ritmi naturali e sono macellati allo scadere del secondo anno di vita.

Il percorso prosegue prendendo al bivio la diramazione di sinistra, su strada sterrata in direzione Nord costeggiando una siepe arborea sulla destra. A sinistra si aprono ampi campi coltivati.

La fauna spontanea

La sopravvivenza di diverse specie animali. I più numerosi sono gli uccelli, nidificanti, migratori o svernanti. Nella zona lambita dall’acqua, troviamo il Martin Pescatore e il Cavaliere d’Italia, ma anche la Garzetta e l’Airone Cinerino. Nelle zone boscose nidificano il Picchio rosso maggiore e il Picchio verde. Nelle praterie è possibile scorgere il Fagiano.

Nelle zone di lanca sono numerosi gli anfibi (Raganella, Rana verde, Rospo smeraldino) che si fanno riconoscere per il caratteristico gracidìo e i rettili, silenziosi e inoffensivi (Biscia dal collare e Testuggine palustre). Fra i mammiferi ricordiamo la Volpe, la Lepre, il Riccio, il Capriolo, l’Istrice, il Tasso, l’Arvicola d’acqua e la Nutria, originaria dell’America meridionale.

Il percorso lascia la strada sterrata e attraverso un varco fra gli alberi, sale sull’argine dove è possibile sostare all’ombra al tavolo posto fra gli alberi, prima di intraprendere dove è possibile sostare all’ombra al tavolo posto fra gli alberi, prima di intraprendere la seconda parte del percorso.

Il bosco fluviale

Si tratta di boschi formati in larga parte da salici, pioppi e ontani, importanti da un punto di vista ecologico perché spesso rappresentano le uniche formazioni forestali presenti, importanti elementi della rete dei “corridoi ecologici”, utili anche per la didattica della natura ma non per la produzione del legname che è fornita esclusivamente dai pioppeti – coltivati lungo il fiume Po in vaste zone di Piemonte, Lombardia ed Emilia – impiantati dall’uomo secondo i criteri della gestione meccanizzata.

Il percorso scende dall’arginello e si ricongiunge ad una strada sterrata e prosegue verso Nord fino ad un bivio, segnalato anche dal totem del Parco Fluviale del Po, e volge a destra.

Alberi, arbusti ed erbe in golena

Si trovano, qua e là, esemplari di Farnia, di Olmo, Pioppo bianco, Pioppo nero e Salice bianco, tutti caratteristici della “foresta planiziale padana” esistente fin dalle epoche più remote. 

Fra gli arbusti domina l’Indaco bastardo (Amorpha fruticosa) infestante di importazione, adatto ai suoli sabbiosi e alle particolari condizioni della golena, dove si alternano inondazioni a periodi di estrema siccità.

Lungo i bordi della sterrata cresce anche l’Artemisia vulgaris. Fin dall’antichità è stata associata alla magia e, nella notte del 24 giugno, per San Giovanni, era raccolta per estrarre dalle sue radici un antidoto contro il fulmine e la peste. Le foglie essiccate sono state utilizzate in Inghilterra fino ai primi del Novecento come surrogato del the. Secondo una consuetudine francese, le foglie si usano ancor oggi per farcire le oche e insaporire gli arrosti.

Il percorso prosegue su strada sterrata in direzione Est.

Il salice e il suo utilizzo

In agricoltura i rami freschi sono utilizzati per legare le viti e per realizzare cesti, nasse per la pesca fluviale, stuoie e oggetti vari. Il legno, che è tenero, leggero e pieghevole, è adatto per produrre casse da imballaggio, truciolati e cellulosa. Il salice va considerato anche per le sue proprietà medicinali. Ancor oggi alcune specie sono utilizzate a scopo medicinale per la produzione dell’acido acetilsalicilico, alla base di molti analgesici.

Si prosegue lungo la strada sterrata in direzione Est fino ad un bivio, contrassegnato dai totem del Parco Fluviale del Po, e si gira a destra guadando il corso d’acqua che abbiamo costeggiato fino ad ora.

La lanca. I “polesini” e le origini di Polesine

Poco prima di rientrare all’Antica Corte, attraversiamo un guado sul tratto dell’Ongina Vecchia, che abbiamo già superato alla chiusa. Qui il vecchio corso d’acqua, oggi non più alimentato dalle sorgenti del fiume, ma solo da pochi canali e rii e dalla risalita del Po, si configura come una vera e propria “lanca”. In passato, quando il fiume non era canalizzato ed era libero di espandersi nella pianura in assenza di argini, era frequente che il suo alveo si spostasse, in occasione delle piene, lasciando bracci abbandonati dalla corrente principale che col tempo si interravano, denominati “lanche”, importanti per le popolazioni rivierasche che le utilizzavano come valli di pesca. 

Le lanche, ancora oggi esistenti in alcune zone golenali, costituiscono uno straordinario ambiente naturale soggetto ad allagamenti periodici ma in grado di mantenere le caratteristiche di una “zona umida” importante per l’avifauna  e fondamentale per la riproduzione del pesce.

Lo spostamento del corso del Po in passato diede origine anche ad estese isole, dette dagli abitanti “polesini”, che col tempo potevano anche divenire stabili o collegarsi alla terra ferma per l’insabbiamento di uno dei due bracci fluviali. Proprio su uno di questi “polesini” sorse, prendendone il nome, l’abitato di Polesine, un tempo molto più a nord dell’attuale paese, edificato fra l’Antica Corte Pallavicina e il corso del fiume, più settentrionale dell’attuale, sulla cui sponda parmense sorgeva il Castello di Polesine, distrutto dal movimento delle acque e di cui oggi rimangono poche vestigia sulla sponda cremonese del fiume, visibili solo dalla barca.

Risalendo l’argine si raggiunge il piazzale del parcheggio e, da qui, attraverso gli orti, il cortile dell’Antica Corte Pallavicina, dove termina il percorso “Po Forest”. Per completare la passeggiata consigliamo di prendere il viale di pippi adiacente al parcheggio, arrivare Al Cavallino Bianco, storico ristorante della Famiglia Spigaroli, e proseguire fino a raggiungere il piccolo Porto di Polesine e guardare lo scorrere delle acque del Grande Fiume. Dopo una bella camminata viene appetito e per rimanere in tema “natura” consigliamo di prendere la bicicletta (o il Camper o l’auto) e fare una visita all’AgriBottega Spigaroli, nel cuore dell’azienda Agricola, ad 1,5 km dall’Antica Corte Pallavicina wwwagribottegaspigaroli.it

In AgriBottega trovate ortaggi, conserve, salumi, vini, farine, pane e paste fresche, carni di qualità dagli allevamenti bradi e formaggi biologici di produttori locali.